mercoledì 4 settembre 2013

I numeri brutti della povertà.

Ogni tanto una cosa seria, anche troppo seria. Ma a inizio anno sociale è anche il caso di "fare i conti" con certi numeri molto sgradevoli. Ma fin dalle elementari i numeri servono appunto ad affrontare i problemi. Meglio conoscerli, quindi, capire con cosa si ha a che fare, e quindi avere la possibilità di agire. Senza demagogia, propaganda, urlatori, mestatori e gentaglia varia. Solo la verità e la serietà possono dare le risposte. Parliamo di povertà, di quella in Italia, tra di noi. Secondo i dati Istat. Numeri nudi e crudi. Da paura. Per gli altri ma anche per noi stessi. Il benessere di ciascuno di noi dipende dal benessere degli altri, dal livello medio che ci circonda. Siamo interconnessi. Se non lo facciamo per altruismo, facciamolo per egoismo. Poniamoci il problema.Secondo il rapporto ISTAT in Italia nel 2012 sono stati 9 milioni 563 mila le persone in povertà relativa, il 15,8% della popolazione. Di questi, 4 milioni e 814 mila (8%) sono i poveri assoluti, che non riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per una vita dignitosa. Nel 2011 i poveri assoluti erano il 5,7% della popolazione. L'incidenza di povertà assoluta aumenta tra le famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%), quattro (dal 5,2% all'8,3%) e cinque o più componenti (dal 12,3% al 17,2%), vale a dire con figli o anziani.
Quasi la metà dei poveri risiede nel Mezzogiorno. 1,058 milioni sono minori (uno scandalo di cui vergognarci) e 728 mila anziani. I minori in questa condizione sono cresciuti in un anno di quasi 300 mila unità. 
La povertà assoluta ha raggiunto lo scorso anno il livello più alto mai registrato dal 2005, anno in cui è iniziata la rilevazione. 
La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 990,88 euro, circa 20 euro in meno di quella del 2011 (-2%).
Osvaldo

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